Pechino
di Vito Riviello
e altre poesie di Giacomo Trinci e Mariella Bettarini lette da Lidia Riviello
Pechino
Se Pechino fosse la più felice città,
se voi ci amaste
la testa d’un bambino sarebbe
il vero mondo dell’arancia
e non un sublimato crogiolo
di gridi d’anatre.
E Stoccolma sarebbe una città all’aperto
come un circo
e non una negletta sperimentale abusiva
patria sotterranea
dove gli incrociatori camminano sui marciapiedi
ostruendo e impedendo
la proclamazione d’un quadro.
I bambini vivono sulle scale
e come gli insetti
scavano un albero sui generis
sognando una vita che messa in pratica
farebbe di Pechino la città più gialla di felicità
in cui lo studio sarebbe mangiare il pane
e fare versi un tiro al bersaglio delle Borse,
in cui far mostre è piantare un albero di mele
in mezzo alle pantere a pois.
Se tu ci dessi una mano
nel tuo stesso interesse
rinunziando alla scala su cui t’innalzi
per vederti impaurito da rumori estranei
alla velocità degli anni tuoi,
sarebbe Parigi il pomeriggio più bello
dopo che hai dormito
e tutta l’aria finisce in un colore tornito,
in uno sciame di globuli realizzatori.
Ascolta la poesia dalla voce di Lidia Riviello
Giacomo Trinci da “Inter nos”
un don chisciotte d’oggi è seduto fisso
riguardante studiante tutto,
intorno caleidoscopico psichico coma di gente,
un bar con gli scontrini, senza ronzini e ronzinanti,
fan da riscontro,
e la mia sedia fissa è il mio cavallo,
la campagna, calura di sere,
è questa quieta aspettazione di analisi di critica gioiosa,
è questa rosa di fatti non capiti ma seguiti,
con occhio e cuore,
furore mente e schiocco di vedute,
squarci d’aria e di vento,
lanci di schiarite logiche e mentali
a chi non le vuole,
e ti guarda incurante di felice,
facendoti di gioia e di esclusione,
cavaliere d’esilio compartecipe
di parte e di poi tutto,
come d’io, poi in fondo
potente in tutto ed impotente mente,
come felice d’essere, qui,
puro venire in duro confrontare
vita con vita, che la guardi disarmare
in puro incanto, in faccia al mare…
Ascolta la poesia dalla voce di Lidia Riviello
Mariella Bettarini
L’arrivo
da dove? Da lontano-lontan
in viaggio
e migranti
apolidi – lontane
da noi – da qui – le rondini –
i balestrucci – questi solo di sé
benedetti Irundinidi
*
come? volando – sempre
volando – per chilometri – per mari
e terre usando piume e penne
voi
bentornate creature con stelle in testa
le direzioni
in testa e nell’istinto atlanti –
carte celesti – mappe
e piante dettagliatissime
delle città
ora
trillate – c’è un garrito dolce
e stridulo per un attimo (troppo veloce)
quasi
non crediamo alle nostre orecchie – poi
(sapendo) fingiamo di non sapere –
resistiamo ancora un po’ prima di precipitare
nella certezza lieta e tremenda
del vostro arrivo